Per agricoltura intensiva si intente uno sfruttamento del terreno al massimo delle sue potenzialità e del suo rendimento, sia in termini di spazio che di coltivazione.
Alle origini, la coltura intensiva si basava sulla fertilità di alcuni suoli, associata a climi favorevoli, il che rendeva possibile ottenere elevate rese. Come contropartita, sono richieste maggiori cure e maggiori risorse - p.es. più acqua per l'irrigazione e più personale per la raccolta.
L'affermazione generalizzata della coltura intensiva si ha definitivamente solo nell'Inghilterra del XVII secolo con la nascita delle aziende agrarie capitalistiche durante la Rivoluzione Agricola. Da lì prese piede anche nelle altre nazioni europee.
Il maggiore sfruttamento è dato dall'utilizzo di innovazioni tecnologiche, nonché di macchinari datti a rendere più rapidi i processi di lavorazione. Tra queste possiamo citare il terrazzamento per esempio.
Normalmente lo sviluppo agricolo di tipo intensivo è considerato più avanzato di quello estensivo perché implica l'utilizzo di nuove tecnologie e nuove tecniche, è tipico quindi delle piccole proprietà terriere che si affidano a questo metodo per produrre di più, la coltura estensiva è invece tipica del latifondo e delle grandi estensioni di coltivazioni. Gli Stati Uniti fanno eccezione: lì a causa della scarsità di manodopera, le operazioni agricole sulle immense estensioni di terre coltivate furono meccanizzate contemporaneamente all'Inghilterra.
Nell'agricoltura estensiva tradizionale si fa scarso uso di macchinari e gli investimenti sono minimi. Tale tipo di agricoltura si differenzia da quella intensiva, proprio per la quantità di input immessi per unità di superficie. I suoli necessariamente devono essere molto estesi, e spesso una parte di essi è lasciata a riposo (maggese) o adibita al pascolo.